L’opera non ha il suo unico punto di riferimento nell’area del tempio di Valle Giardino a Nemi, così come solitamente avviene nella maggior parte delle indagini precedenti, ma rappresenta uno studio articolato che, da un lato, mira a definire un più congruo rapporto di Diana Aricina con la sua città e, dall’altro, vuole costituire, attraverso una serrata analisi della documentazione, un compendio che richiami l’attenzione del lettore su un’immagine non usuale della dea, talvolta banalmente intesa come una generica “dea del bosco” (Diana Nemorense), privata delle funzioni e dell’importante ruolo storico che essa rivestì nel Lazio Antico.
Diana, tra storia, mito e culto delle dea di Aricia – l’emblema della Lega Latina
La ricorrenza nelle fonti antiche dell’epiteto Trivia, che viene attribuito a Diana e che corrisponde al greco Trioditis, peculiare dell’Artemis-Hekate della città greca di Fere, e la forma triadica del simulacro tardo-arcaico che compare in una moneta del 46 a.C., ricostruibile grazie al ritrovamento in Valle Ariccia della nota testa bronzea, oggi a Copenaghen, concorrono alla formulazione di una suggestiva ed originale ipotesi: è presso il ‘trivio’ appena fuori la porta urbica (od. Basto del Diavolo) e a pochi passi dalla ‘palude aricina’, che, secondo la rigorosa ricostruzione dell’Autrice, si deve localizzare il santuario arcaico (Dianius) menzionato da Catone.
Ed è ancora qui che – forte elemento di novità – il luogo di riunione della Lega Latina trova una sede assai convincente, essendo Ferentina niente altro che un epiteto della dea. Tutta la Valle, in quest’ottica, si configura allora come una grande Area Sacra, anche tenuto conto del fatto che da essa provengono le più importanti testimonianze archeologiche, quali ad es. il bassorilievo con il rituale del rex nemorensis, che rimanda al mito di fondazione del culto da parte dell’eroe greco Oreste, e la piccola statua di Diana-Selene, entrambi oggi a Copenaghen.
Non sfugge peraltro all’Autrice il profondo rapporto tra l’area sacra di Valle Ariccia e l’area del tempio in Valle Giardino, sulle sponde del Lago di Nemi, cui è dedicato un capitolo del volume. Una testimonianza presa in esame, tra tutte, la riproduzione in marmo del simulacro triadico di Valle Ariccia, documentato da una testa di Diana, ora al Museo Nazionale Romano, rinvenuta nel piccolo teatro di Nemi annesso al santuario e risalente al I sec. d.C.
Non trascurabile, e di grande interesse, è infine la parte storico-religiosa-antropologica, che prende in considerazione la continuità del culto che si manifesta nei riti di passaggio femminili di matrice greca che confluiscono e trovano il loro approdo nella Festa della Signorina, che si celebra ancora oggi ad Ariccia, inserita nel culto della Madonna di Galloro.